[Forum SIS] una riflessione da StatGroup-19

Roberto Benedetti benedett a unich.it
Mer 9 Dic 2020 11:37:28 CET


Cara Giovanna e cari colleghi dello StatGroup-19,
vi ringrazio per questa mail i cui contenuti sollevano talmente tante questioni aperte da decenni che il solo ipotizzare di trovare delle risposte è praticamente impossibile.
Ne consegue che mi potrei regolare, in modo tipicamente italiano ed in particolare accademico-italiano, non esponendomi pubblicamente e semplicemente decidendo di firmare o no la vostra “lettera aperta” rimandando qualsiasi considerazione personale ad occasioni meno pubbliche. Invece non è quello che farò, magari sbagliando, ma penso sia più corretto nei vostri confronti anche se meno politicamente corretto darvi alcune motivazioni sulla mia scelta di non firmare questa lettera.
Condivido pienamente la vostra analisi della situazione, anzi avrei molti orrori e distorsioni da riportare; quello che invece non condivido affatto sono le cause e, di conseguenza, le soluzioni.
Iniziamo dai molti altri orrori che sono sotto gli occhi di tutti:
1 - mai come in questo periodo siamo assediati da una così grande quantità di dati su di un fenomeno. Bella cosa direte voi, se non fosse che nessuna di queste informazioni è utilizzabile a meno di fare delle assunzioni che, solitamente, sembrano più una arrampicata sugli specchi che una seria ipotesi di lavoro. A che cosa serve avere delle serie storiche spazio-temporali giornaliere e per provincia se sai già che il dato riportato è distorto e che questa distorsione non è costante né nel tempo né nello spazio ? Su questi dati sempre più dettagliati ci adattiamo dei modelli sempre più complicati sapendo benissimo che stiamo seguendo la nota strategia GIGO (Garbage in, garbage out - spazzatura dentro, spazzatura fuori).
2 - che ruolo hanno avuto le statistiche ufficiali in questa invasione di dati ? Nessuno o marginale. Non sono io a dirlo ma nei mesi scorsi abbiamo letto opinioni ed interviste di ex-presidenti ISTAT (in rigoroso ordine alfabetico mi vengono in mente: Alleva, Biggeri e Zuliani), che sollevano il problema e suggeriscono ipotesi di soluzione a questa stranezza ma, che io sappia, non se ne è fatto molto se non l’esecuzione, durante il periodo estivo, della nota indagine Istat-Ministero della Salute. Dal mio punto di vista, questo anno terribile 2020 è servito come ottimo esempio di che cosa succederebbe in ambito sociale ed economico se non esistessero gli istituti nazionali di statistica. Confronti internazionali impossibili, decisioni regionali e locali modificabili a proprio piacimento, relazioni tra aggregati differenti non stimabili perché misurati in modo eterogeneo e chi più ne ha più ne metta. Se questo è un esempio di diffusione dei dati amministrativi inviterei tutti i colleghi ISTAT ed Eurostat a riflettere sull’opportunità di seguire il nuovo Mantra “uso statistico dei dati amministrativi” piuttosto che il buon vecchio adagio “uso amministrativo dei dati statistici”.
3 - che cosa ha prodotto la commissione sull’uso dei “big data”, che indicazioni ha fornito ? Se qualcuno può aggiornarmi io, nella mia modesta ignoranza, ignoro la risposta a queste domande. Questo tema, i “big data”, come fate notare voi è considerato un fatto squisitamente informatico-ingegneristico che, di conseguenza, non riguarda noi statistici. Questo purtroppo è vero già in ambito MIUR dove non vengono accettate richieste di apertura di Corsi di Studio su questo tema che non siano proposte o almeno appoggiate dal bollino blu di queste facoltà “tecniche”. Nella mia esperienza professionale esiste anche un periodo di molti anni spesi in un’impresa del gruppo Finmeccanica in cui ero lo statistico (assieme ad un’altra collega) circondato da Ingegneri che, quotidianamente, elaboravano dati da satellite seguendo la filosofia “io provo tutte le soluzioni possibili e poi scelgo quella che mi piace di più”. Posta in questi termini la questione del “big data” diventa ovviamente un fatto informatico riguardante l’implementazione più efficiente e veloce dei vari metodi statistici.
Avrei molti altri orrori da elencare ma questi, oltre a quelli da voi riportati, penso che bastino a capire la situazione attuale.
Veniamo invece alle cause ed alle soluzioni. Io personalmente credo che puntare i piedi rivendicando il nostro ruolo e la nostra posizione possa servire solo ad ottenere un formale riconoscimento che non avrà mai nessun risvolto pratico.
Noi statistici predichiamo da sempre di usare indicatori quantitativi per prendere decisioni, quando finalmente ci danno retta ci accorgiamo che abbiamo meno studenti, meno crediti e meno spazio nelle imprese di informatici ed ingegneri con la conseguenza, ovvia, che i nostri competitor usando metodi statistici basati su indicatori “insindacabili” e nelle decisioni avranno sempre la meglio sugli statistici stessi.
La soluzione a questo dilemma la sanno benissimo tutti quei colleghi che nei decenni scorsi hanno cercato di sopravvivere all’interno di facoltà di economia, sociologia, scienze politiche etc: “se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico” (frase attribuita a Cesare).
Purtroppo si sono sempre dovuti scontrare con i colleghi più fortunati afferenti a facoltà di statistica che potevano permettersi di avere atteggiamenti duri e puri che gli propinavano mozioni assurde quali: “siamo una materia di elite”, “la statistica è per pochi studenti selezionati”, “io sono un metodologo quindi non devo occuparmi di dati reali” etc.
Figuratevi che durante la mia ammissione al Dottorato mi sono anche sentito dire dal presidente della commissione che “le immagini non sono dati ma fotografie, o al massimo disegni, cosa hanno a che fare con la statistica ?”.
Queste logiche ci hanno portato dove siamo ed il Covid, evento negativo sotto tutti i punti di vista, ha un solo pregio, quello di far venire a galla tutti gli errori e le distorsioni.
Adesso io dovrei firmare delle petizioni perché qualche collega vorrebbe far parte del comitato scientifico e non gli è concesso perché i posti sono già tutti occupati da materie più potenti della sua. Oppure perché qualche altro collega, malato di protagonismo, vorrebbe andare un po’ più in televisione a far vedere qualche altro grafico e sentirsi in questo modo più al centro dell’attenzione.
Bene, per questi motivi, non posso che rispondervi: no grazie.
Le questioni sollevate sono ovviamente molto più lunghe e complesse e, conoscendovi, sono sicuro che la vostra proposta sia stata animata dalle motivazioni più sane e corrette possibili ma purtroppo segue una ipotetica, non necessariamente attuale, linea di sviluppo della SIS e della statistica in generale che io, abbiate pazienza, non posso e non voglio condividere.
Un affettuoso saluto,
Roberto Benedetti

> Il giorno 8 dic 2020, alle ore 18:27, giovanna jona lasinio <giovanna.jonalasinio a uniroma1.it> ha scritto:
> 
> Cari colleghi della SIS, in questo strano periodo ci siamo trovati a fare delle riflessioni profonde sulla natura e sulla percezione che c’è nell’opinione pubblica della nostra professione. È un momento in cui la necessità di professionalità (o la sua assenza) in ambito di trattamento del dato, dalla raccolta alla sintesi, dalla modellistica alla diffusione dei risultati) ha un impatto giornaliero sull'intera società civile. Questa necessità ci ha portato a chiederci due cose, una pratica e l'altra più filosofica. 
> 
> La domanda pratica è "come mai non ci sono quasi statistici nel CTS e non si è sentita la necessità di coinvolgere questa figura professionale per supportare a tutti i livelli decisionali le scelte basate sui dati?". In particolare, come mai gli statistici non sono presenti nelle competenze che gli sono più specifiche? A questa domanda non sappiamo rispondere, ma vorremmo una risposta da chi ha costruito i gruppi di lavoro.  A nostro avviso, in parte, ciò è dovuto alla mancanza di riconoscimento dell'identità e della specificità dello statistico da parte dei decisori politici e, purtroppo, anche da parte di altri scienziati. E probabilmente, almeno in parte, è anche la conseguenza di una storica attitudine all’autoreferenza della nostra comunità, che solo negli ultimi anni sta scomparendo.
>  
> Questa situazione, di implicita chiusura, ci ha portato a porci la seconda domanda, più ampia e meno contingente della prima. 
> 
> Chi siamo noi statistici, qui, ora, in Italia? Cosa significa "fare lo statistico" oggi nel nostro Paese in questo momento?
> 
> Esiste la comunità SIS in cui confluiscono moltissime anime, tutte afferenti a diverse declinazioni dello stesso paradigma culturale, anime che però sembrano disunite, non comunicanti, come se occuparsi di metodologia in contesto sanitario precluda un dialogo con chi si occupa di metodologia in ambito economico, o ambientale o altro. Queste anime, tutte figlie degli stessi genitori, non fanno comunità, non sempre riescono a sviluppare un movimento unico. Siamo stati perfino capaci di dire che scrivere una lettera aperta per rivendicare una giusta visibilità e riconoscimento delle capacità professionali, oltre a dati accessibili, è un “atto corporativo”! È talmente corporativo che la lettera è stata firmata anche da Giorgio Parisi presidente dell'Accademia dei Lincei, da biologi, da fisici e da giornalisti.
>  
> Ci sono momenti in cui si fa la storia di una comunità e in passato la comunità degli statistici ha mancato questi appuntamenti. Ricordiamo sempre come la comunità degli informatici abbia occupato un nostro spazio lasciato vuoto, semplicemente rinominandolo (data science, ndr), ad esempio. E allora nasce spontanea, da parte di chi ancora crede nel ruolo fondamentale della statistica nella scienza e nella società, la voglia di provare a suscitare una riflessione che ci spinga davvero a divenire comunità scientifica e professionale, per giocare un ruolo da protagonisti nella società di questo futuro già presente.
>  
> È il momento di agire, uniti, figli della stessa famiglia, per dire che ci siamo, che essere statistici è una caratteristica unica che ci accomuna, che non si improvvisa o acquisisce da un giorno all’altro. La Statistica non è per tutti, ma è di tutti.
>  
> Proprio per tutte queste considerazioni,  condividiamo totalmente l’iniziativa della lettera aperta che trovate qui (per firmarla): https://www.change.org/opendata_e_competenze <https://www.change.org/opendata_e_competenze> e sul sito  della SIS <http://www.sis-statistica.it/ita/10008/Lettera%20aperta%20sui%20dati%20di%20base%20e%20le%20competenze>. Quindi vi invitiamo tutti a firmarla e a commentare. 
> 
> Un caro saluto
> 
> StatGroup-19
> 
> Fabio Divino, Alessio Farcomeni, Giovanna Jona Lasinio, Gianfrnco Lovison, Antonello Maruotti
> _______________________________________________
> Sis mailing list
> Sis a stat.unipg.it
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