[Forum SIS] requisiti minimi

Stefano Fachin s.fachin a caspur.it
Ven 22 Gen 2010 09:25:47 CET


cari amici e colleghi,
il recente messaggio di Furio mi trova pienamente d'accordo nelle 
puntuali annotazioni sullo stato degli investimenti nella ricerca 
(costante che accomuna governi di destra e sinistra, mi viene da 
aggiungere: non possiamo nemmeno sperare che cambi governo, lo sappiamo 
che sarà sempre così).

Capisco meno, invece, la parte sui requisiti minimi.

    Leggendola assieme ad altri interventi un marziano appena 
atterrato sulla terra ne trarrerebbe l'impressione che il PROBLEMA 
dell'università italiana è che una spietata dittatura bibliometrica 
domina il paese, che tante giovani menti sono state costrette ad 
emigrare perché non riuscivano a pubblicare sulle riviste "mainstream", 
non perché le loro idee non fossero brillantissime, ma perché i board 
delle riviste internazionali, hanno ignobilmente operato per nascondere 
al mondo le loro straordinarie scoperte.

Siamo proprio sicuri che il PROBLEMA dell'accademia italiana sia questo?

Infine, una nota positiva. Posso rassicurare lui, ed altri, sullo scarso 
peso dell'amicizia nelle decisioni editoriali delle rivisti importanti. 
Ho avuto la ventura di servire molte volte come "referee", e le mie 
indicazioni sono sempre state puntualmente seguite dagli editor, che 
spesso nemmeno conoscevo di persona.

Buon lavoro,
Stefano

furio camillo wrote:
>
> Cari amici, cari colleghi,
>
> dopo aver riflettuto un po’ durante le vacanze di Natale (in attesa di 
> diventare nuovamente papà e sciando un po’, quindi in assoluto relax), 
> vorrei raccontarvi - molto semplicemente e a cuore aperto senza alcuna 
> dietrologia - la mia opinione circa il dibattito scaturito nell’ambito 
> della SIS a proposito del questionario di indicazione delle riviste 
> scientifiche preferite che è stato proposto a tutti noi nei mesi scorsi.
>
> Io, personalmente, non ho risposto perché non mi piace assolutamente 
> l’idea di dover decidere a priori qualcosa che assomigli, anche solo 
> lontanamente, alla definizione dei requisiti minimi di ammissibilità 
> ai concorsi. Intendo dire che non sono d’accordo assolutamente con 
> l’idea di dover dichiarare anticipatamente un elenco di riviste che 
> hanno dignità scientifica, come se quindi tutto ciò che viene 
> pubblicato altrove abbia, più o meno automaticamente, dei difetti di 
> scientificità.
>
> Ma cercherò di spiegarmi meglio e di spiegare meglio la mia visione di 
> umile lavoratore della Statistica, ossia una visione fortemente 
> applicata e forse utilitaristica della Statistica. Come molti di voi 
> sanno, da anni mi preoccupo di applicare la Statistica anche a campi 
> davvero poco usali e molte volte ho dimostrato a non esperti che la 
> Statistica è qualcosa di davvero utile, forse necessaria, alla 
> gestione moderna dell’analisi dei fatti che ci circondano e in 
> particolare di fatti che riguardano direttamente la produzione e il 
> consumo di beni o servizi, pubblici o privati.
>
> È chiaro che l’applicazione della Statistica allo specifico problema 
> deve essere di volta in volta corretta, rigorosa, innovativa, adeguata 
> e solo di conseguenza può essere definita come scientificamente rilevante.
>
> Quello che a me non piace è quindi l’idea di pre-definizione di un 
> elenco di riviste dove vengono pubblicati i contributi scientifici, 
> sulla base del quale poi dovrebbero essere definiti i cosiddetti 
> pre-requisiti minimi di accesso ai concorsi. Credo ancora, e molto, 
> nel lavoro delle commissioni dei concorsi che quindi valutano leggendo 
> e discutendo (magari anche in un contradditorio pubblico con gli 
> estensori stessi, magari diffuso in tempo reale su Youtube) uno a uno 
> i lavori proposti dai candidati, senza alcun pregiudizio legato invece 
> a elenchi di riviste predefiniti oppure pregiudizi dovuti a una 
> ranghizzazione delle riviste sulla base di indici bibliometrici come 
> l’impact factor. La domanda è allora: se si usa un indice di notorietà 
> e diffusione come l’impact factor perché non usare anche altri 
> criteri, come l’applicabilità e l’utilità sociale delle soluzioni 
> scientifiche proposte per la risoluzione autentica dei problemi?
>
> Faccio un esempio un po’ paradossale e ludico: se un sistema 
> statistico, scientificamente applicato, contribuisce in maniera 
> determinante alla vittoria in un campionato del mondo di calcio 
> (evento visto da 2 miliardi e mezzo di persone nel mondo) da parte 
> della nostra nazionale e questo sistema viene poi discusso 
> “scientificamente” su riviste internazionali di settore, chi può dire 
> che tali riviste non siano sedi di lavori da poter proporre a una 
> commissione di concorso?
>
> E ancora, se si costruiscono elenchi di riviste predefiniti “buoni per 
> i concorsi”, come potranno trovare posto innovazioni della disciplina 
> ritenute poco ortodosse da chi gestisce o è amico degli editorial 
> board delle riviste “importanti”? Mi sembra potenzialmente troppo 
> difficile per un giovane aspirante ricercatore poter comunicare 
> eventuali aspetti innovativi della sua ricerca.
>
> Intendo dire che la logica dell’impact factor o quella della 
> pre-definizione delle riviste “buone” sposta il problema della 
> creazione delle “cupole” (in termini più moderni, delle lobbies) dalle 
> commissioni ai comitati editoriali delle riviste, passando magari 
> anche per il potere delle diverse case editrici, ossia il potere di 
> agenti puramente pro-profit, esterni al mondo accademico internazionale.
>
> Concludo poi con una riflessione circa l’opportunità di collaborare 
> con dei governanti che ci chiedono di aiutarli a mettere in atto una 
> riforma da loro pensata e voluta, ma per la quale non mettono neanche 
> un euro sul tavolo! Anzi, disdegnando gli accordi europei di Lisbona, 
> invece che portare al 3% del Pil l’investimento pubblico per la 
> ricerca, lo hanno portato al di sotto dell’1%, mentre paesi come 
> Svezia e Finlandia sono ormai a oltre il 4% e i nostri cugini francesi 
> si stanno adeguando agli accordi di Lisbona con una pianificazione 
> precisa di sviluppo di lungo periodo. Come dire che qualcuno, per il 
> bene dell’Università (e in modo più ampio, anche della Scuola), sta 
> cambiando in meglio le regole del gioco, ma non vuole spendere un 
> soldo per questo cambiamento.
>
> A tale riguardo citerei due fonti molto interessanti dalle quali ho 
> stralciato due passi che ritengo importanti a proposito del 
> comportamento del nostro paese rispetto agli accordi di Lisbona.
>
> Il primo dice:
>
> “The Commission has proposed the goal of investing 2% of GDP in higher 
> education from public and private sources combined. The current level 
> in the EU is 1.2% of which public investment accounts for about 1.13% 
> of GDP. In Denmark, total public investments in higher education alone 
> already surpasses 2% of GDP (from all sources); a large share of this, 
> however (as in Finland and Sweden) is direct financial aid to 
> students. Direct public investments on higher education institutions 
> in these countries is hence considerably lower. On the other hand the 
> share direct public investment is below 1% in 7 EU countries, 
> including Italy, Spain and Romania.”
>
> Da: COMMISSION OF THE EUROPEAN COMMUNITIES - Brussels, 23.11.2009 - 
> SEC(2009) 1616 final - *COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT - Progress 
> towards the Lisbon objectives in education and training - *Indicators 
> and benchmarks 2009.
>
>  
>
> Il secondo stralcio è proprio a proposito del nostro “sistema di 
> governo” (o di non governo!!) dell’educazione. Il testo sottolinea la 
> sostanziale reticenza del nostro paese a occuparsi dell’allineamento 
> con gli accordi siglati in contesto europeo (aggiungo io, forse perché 
> troppo impegnato in altre faccende come le elezioni regionali, la 
> pseudo-riforma della giustizia o altre questioni più fondamentali!)
>
>  
>
> “Over the 2007-2009 period three countries: first Germany and later 
> Andorra and the Netherlands, ratified the Lisbon Recognition 
> Convention. Five educational systems are still in “red” as Belgium, 
> Greece, Italy and Spain have still not ratified the convention.
>
> These countries are at various stages towards ratification – both the 
> Flemish and the French communities of Belgium as well as Italy have 
> made several changes in their national legislation but are still 
> encountering legislative obstacles to ratification; Spain signed the 
> Convention in the beginning of 2009 but Greece has so far not signed.”
>
> *Bologna Process Stocktaking Report 2009 - *Report from working groups 
> appointed by the Bologna Follow-up Group to the Ministerial Conference 
> in Leuven/Louvain-la-Neuve - 28-29 April 2009, by Andrejs Rauhvargers, 
> Cynthia Deane & Wilfried Pauwels - /Supported by European Commission 
> in the framework of the Lifelong Learning Programme. /
>
>  
>
> Per concludere ancora con una metafora sportiva, è come se, per il 
> bene dello spettacolo calcistico, si decidesse di aumentare l’ampiezza 
> delle porte e di ingrandire il campo di gioco senza però nessuno 
> stanziamento di soldi necessari per rifare tutti gli stadi del mondo e 
> allora le regole sono quelle nuove ma i campi di gioco 
> (l’applicazione) restano quelli vecchi!!
>
> La domanda finale forse è quella che Carlo Verdone, in un suo 
> indimenticabile film, propone come “ce serve o nun ce serve??” a 
> proposito del Tevere nel contesto di soluzioni fantascientifiche del 
> problema del traffico romano. Solo che la domanda “ce serve o nun ce 
> serve?” va forse fatta ai nostri governanti a proposito del loro 
> pensiero circa la Scuola e l’Università pubblica, perché se “nun ce 
> serve” allora che lo dicano chiaramente e la finiscano di fare 
> richieste assurde come quelle dei requisiti minimi e decidano invece 
> di chiuderla, mandando i nostri giovani più in gamba a cercare fortuna 
> definitivamente in paesi più civili e responsabili del nostro: altro 
> che rientro dei cervelli in fuga!
>
> Che ci sia il rispetto degli accordi di Lisbona, si proceda al più 
> presto e senza alcuna esitazione a eliminare il precariato nel sistema 
> formativo (Scuola e Università) e poi forse si potrà parlare di 
> riforme serie!
>
> In questo senso una commissione tecnica SIS per “il rispetto degli 
> accordi presi a Lisbona” mi vedrebbe pienamente coinvolto, sia 
> emotivamente che praticamente, mediante la profusione di uno sforzo 
> volontario di collaborazione coi governanti.
>
> Colgo l’occasione per fare tanti auguri a tutti per l’anno appena 
> cominciato.
>
> Cari saluti a tutti.
>
> Furio Camillo
>
>  
>
> -- 
> Prof. Furio Camillo
> Dipartimento di Scienze Statistiche
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Stefano Fachin
Professore Ordinario di Statistica Economica
DSPSA-Facoltà di Scienze Statistiche
Università di Roma "La Sapienza"
P.le A. Moro 5 - 00185 Roma - Italia
Tel. +39-06-49910834
fax  +39-06-4959241
URL http://w3.uniroma1.it/fachin/



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