[Forum SIS] R: replica ad Alleva e Zuliani

Di Serio Clelia diserio.clelia a unisr.it
Dom 25 Ott 2020 18:30:47 CET


Cari Colleghi,
vorrei agganciarmi al commento del collega Alleva molto esaustivo e che tocca punti “pratici” molto importanti. La discussione sul forum, al di là delle diverse opinioni ed interpretazioni degli eventi correnti relativi all’emergenza sanitaria, evidenzia come per tutti sia necessario ed indispensabile supportare la “non rappresentatività” della raccolta dati, inevitabile soprattutto con il peggiorare della situazione, con il rigore statistico e con tutti i metodi di correzione per campioni sbilanciati di cui dispone la metodologia statistica, per poter fornire un aiuto fondamentale alle politiche di intervento. Chi lavora con i dati direttamente sul campo avrà certamente realizzato come al crescere della situazione emergenziale cambi totalmente la modalità di raccolta dati sia sui tamponi che sul sierologico, cosa che rende ancora piu’ difficile misurare tanto la prevalenza quanto la sieroprevalenza della malattia. La proporzione dei campioni positivi rispetto al numero di tamponi fatti è rappresentativa ogni giorno di una popolazione diversa. Con il crescere dell’emergenza giustamente per i tamponi  diagnostici si privilegiano i soggetti che si presentano con sintomi oppure che risultano contatti di primo livello dal contact-tracing. Questo implica che la probabilità di trovare un positivo sul numero dei tamponi fatti aumenti intrinsecamente rispetto a quella di agosto, quando quasi un terzo dei tamponi derivavano dallo screening di una popolazione quasi “generale”.
Quindi non solo il campione dei tamponi non è rappresentativo della popolazione generale ma la sua è una non rappresentatività “dinamica” che cambia a seconda dell’evolversi della situazione epidemiologica. Non si riesce a parlare davvero di evoluzione di “tassi” - come i tassi di letalità oppure gli IFR (infection fatality rate) - perché purtroppo nella stessa serie storica si includono tassi che hanno un significato diverso a diversi istanti temporali. Ciò crea un problema grave sia scientifico (possibilità di modelli longitudinali predittivi) sia di comunicazione su cui è importante che la statistica vigili costantemente. Vi porto un esempio di come un campionamento non controllato possa dare risultati fuorvianti con conseguenze anche dal punto di vista clinico. In un campionamento sierologico fatto in Val Seriana (bergamasca) per uno studio di sieroprevalenza a Giugno era emerso che meno del 15% dei rispondenti presentasse una reazione immunitaria. Da questi risultati sono partiti alcuni studi e considerazioni cliniche sulla brevissima memoria immunitaria a livello anticorpale e cellulare rispetto al COVID-19. In realtà da una semplice indagine basata su questionari che abbiamo fatto quasi parallelamente sul territorio è emerso che una grande parte dei soggetti che sapevano di aver fatto la malattia (cioè malattia conclamata e non semplice infezione) non si sono presentati al sierologico per evitare poi di fare il tampone ed entrare, in periodo di vacanze, nella lunga trafila dei controlli e delle quarantene. Pertanto, un’autoselezione con elevata  probabilità di asintomatici o dei pauci (i meno gravi) rispetto ai piu’ gravi che verosimilmente potrebbero presentare una maggiore risposta immunitaria.
Sulla questione della difficoltà di stimare tassi epidemiologici dai dati clinici si sono espressi già a Maggio in modo molto articolato alcuni colleghi come Peter Green e Ernst Wit e Matteo Fasiolo (sul caso del Diamond Princess in una correspondence con Lancet https://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099(20)30437-0/fulltext) e in questi giorni Ioannidis sul Bollettino dell’OMS (https://www.who.int/bulletin/online_first/BLT.20.265892.pdf).
Il problema di trovare un equilibrio tra ciò che realisticamente si “può” fare e ciò che sarebbe statisticamente opportuno fare non è un problema insolubile nella misura in cui si intensifica un dialogo tra la comunità statistica e la comunità clinica per comprendere da un lato le effettive difficoltà della raccolta dati, dall’altro fornire delle linee guida basate su criteri statistici per la organizzazione rigorosa dei database.

Un caro saluto
Clelia


Clelia Di Serio, PhD
Full Professor in Medical Statistics and Epidemiology
Director of University Centre for Statistics in the Biomedical Sciences ( CUSSB )
www.cussb.unisr.it- 0039022643 4872 (3844)
Università Vita-Salute San Raffaele
Via Olgettina 58
20132 Milan
ITALY

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Da: sis-bounces a stat.unipg.it <sis-bounces a stat.unipg.it> per conto di Giorgio Alleva <giorgio.alleva a uniroma1.it>
Inviato: sabato 24 ottobre 2020 10:33
A: sis a stat.unipg.it
Oggetto: [Forum SIS]  replica ad Alleva e Zuliani

Gentili soci,
innanzitutto grazie ad Annalisa Cerquetti che ha diffuso la nostra lettera al Corriere della sera su questo forum. La lettera era diretta a mondi diversi dal nostro ma la discussione è comunque utile.
Ci sorprende e rincresce la lettura evidentemente erronea della nostra proposta da parte del collega Gasperini. Tuttavia, prima di dare risposta alle questioni che pone nel suo intervento, occorre farsi due domande: È importante avere una stima affidabile del tasso di contagio nella popolazione generale? È importante seguirne l’evoluzione nel tempo? Noi riteniamo di sì e da questa posizione deriva la nostra proposta. Sembra incredibile ma, a otto mesi dall’inizio dell’epidemia non si dispone di una stima del tasso di contagio nella popolazione, come è avvenuto, ad esempio, in Germania e nel Regno Unito. Non siamo gli unici ad averlo sottolineato.
Veniamo alle tre questioni, esplicite e implicite, poste dal collega.
Risposta alla prima questione: non abbiamo proposto di sostituire con un rilievo campionario l’attività di accertamento dei casi di infezione svolta dalle autorità sanitarie nei confronti di quanti manifestino sintomi o abbiano avuti contatti con casi accertati di Covid-19. Abbiamo proposto di progettare e realizzare un protocollo di osservazione basato sullo sfruttamento congiunto dei dati sanitari con quelli di un campione statistico. Le proporzioni? Ai circa 150.000 tamponi giornalieri attuali (ieri più di 180.000) si tratterebbe di affiancare un campione casuale di 5.000 tamponi ogni due settimane. Se si volessero dettagli territoriali maggiori, il campione potrebbe essere ampliato opportunamente a livello regionale.
Risposta alla seconda questione: l’obbligo di risposta si articola su due livelli. All’accertamento tramite tampone (o altro dispositivo più semplice) si affianca la somministrazione di un questionario nel quale si dovrebbero formulare domande simili a quelle sperimentate in Israele nella prima fase acuta dell’epidemia. L’obbligo di risposta dovrebbe riguardare in primo luogo queste. Sarebbe facilitata e resa più efficiente la post-stratificazione resa necessaria dal mancato consenso a sottoporsi al test. La motivazione eventualmente raccolta potrebbe aiutare successivamente nella campagna di comunicazione dell’iniziativa. Su questo aspetto l’Istat potrebbe confrontarsi con il garante della privacy come fa già per altre rilevazioni riguardanti dati sensibili. Un secondo livello ha profili di delicatezza maggiori. Proprio perché c’è da attendersi resistenza a sottoporsi ai test diagnostici (anche se minore rispetto al passato anche recente) un’infezione su scala globale, ignota nella sua virulenza e resistenza, come è quella attuale rappresenta una situazione a partire dalla quale riteniamo necessario avviare una riflessione nel paese, a partire dalle autorità sanitarie. Al momento, il consenso informato a tutela della scelta della persona soggetta all’ intervento diagnostico è previsto dalla normativa attuale e non può che essere rispettato.
Risposta alla terza questione: l’indagine del Ministero della salute e dell’Istat condotta fra giugno e agosto scorsi si è basata su 64.660 rilevazioni anziché le 150.000 programmate, raggiungendo assai meno della metà delle persone selezionate nel campione. Un rifiuto alla partecipazione così esteso, prevedibilmente collegato a un processo di autoselezione riconducibile alla variabile d’interesse dell’indagine, può minarne la rappresentatività. L’Istat ha maneggiato tecnicamente la situazione con la professionalità e la competenza usuali, che conosciamo e abbiamo avuto modo di apprezzare, assicurando risultati attendibili. Le persone con IgG positivo, che avevano cioè sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2 prima di giugno-luglio scorsi, sono state stimate in 1.482.000, il 2,5% della popolazione residente in famiglia. Un’informazione importante, insieme alle altre più dettagliate fornite, che non dà conto, però, del tasso di contagio “istantaneo” (riferito a un arco di due-tre giorni) da monitorare nel tempo. I problemi dell’indagine sono stati di natura organizzativa e non statistica. Una rilevazione su 150.000 persone è un impegno di rilievo assoluto, considerando inoltre che non venivano somministrati soltanto questionari ma effettuati test sierologici. La comunicazione è sembrata non efficace. Le persone non hanno avvertito che con la loro adesione avrebbero dato un contributo importante al contrasto dell’epidemia. Forse sarebbe risultata più efficace un’organizzazione che avesse coinvolto i medici di famiglia, più vicini alle persone rispetto alla Croce rossa italiana, per tanti altri aspetti meritoria. Un conto è essere contattati dal proprio medico, altro esserlo telefonicamente da un incaricato della CRI. Si sarebbe dovuto prevedere le possibili resistenze, anche legittime. Un esempio per tutti: se positivi al test sierologico, si doveva fare anche il tampone e nell’attesa dell’esito astenersi dal lavoro. Sarebbe stato opportuno prevedere che questi giorni di mancata attività fossero considerati assenza per malattia nel caso di lavoro dipendente. Complessivamente, il coordinamento istituzionale è parso svogliato. L’indagine è sembrata più “sopportata” che voluta, sottovalutandone forse l’importanza.

Non entriamo nel dettaglio tecnico della proposta. Alleghiamo per quanti siano interessati il link a uno dei contributi del nostro gruppo.
https://arxiv.org/abs/2004.06068

Giorgio Alleva e Alberto Zuliani

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