[Forum SIS] l’Istat che fa sondaggi e quel persistente vizio di screditare la statistica
av
av a vannucci.com
Gio 30 Apr 2015 15:01:00 CEST
Riflettendo sulle opinioni scambiate in questi giorni sulla lista SIS, temo si
debba riconoscere che la scarsa considerazione e ancor più modesta conoscenza
che si manifesta da parte della classe politica e dirigente in generale nei
confronti della Statistica sia ahimé in linea con quella più in generale
riferita a tutte le scienze, alla cultura del dato, alla disciplina del
metodo, all'analisi dei fatti.
Non mi pare si possa affermare che la Statistica soffra in questo quadro di un
discredito specifico o superiore a quello di altre discipline
tecnico-scientifiche; le manifestazioni di ignoranza riferite alla Statistica
non differiscono da tante altre rivolte, solo per fare esempi che richiamino
alla mente episodi più recenti, alla Medicina (vogliamo parlare
dell'atteggiamento della pubbliche istituzioni verso le c.d. medicine
alternative?), all'Ingegneria (...o delle costruzioni?), alla Fisica (...o di
previsione dei terremoti e di politiche energetiche?). Non lamentiamoci più di
tanto: nel soffrire per l'arrogante supponenza verso la disciplina che
pratichiamo noi Statistici siamo in buona compagnia.
Se è vero che viviamo un'epoca in cui superstizione e qualunquismo delle
opinioni hanno oggettivamente riguadagnato terreno, si potrebbe però anche
tentare un po' di autocritica come intellettuali e scienziati; riflettendo ad
esempio su come una qualche, pur minima, corresponsabilità di questa decadenza
si deve anche ad una troppo diffusa concezione corporativo-clientelare di
tante categorie professionali. E' una tentazione a cui indulgono tanti tecnici
e scienziati (e gli statistici non particolarmente meno che altri) quella di
costruire difese o prerogative categoriali, accomodarsi in ambiti di attività
protetti e finanziati, cercare le coccole delle istituzioni e le soddisfazioni
della popolarità. Tutte debolezze, queste, che non giovano alla salute della
cultura e della scienza, e lentamente -ma inesorabilmente- accompagnano il
declino generalizzato del rispetto per la conoscenza.
Non può mancare all'osservatore attento di cogliere delle analogie fra tante
subculture moderne, afferenti a discipline diverse ma simili nelle dinamiche
di accreditamento e visibilità sociale: le terapie placebo rispetto alla
Medicina, le corbellerie pseudoprobabiliste rispetto alla Sismologia, i
qualunquismi della rapina dell'erario rispetto alla Scienza Economica (cito
solo alcune che, ai miei occhi e per la mia personale formazione, appaiono più
ridicole e crudelmente comiche). E nella stessa linea si pone la sottocultura
del sondaggio-casistica rispetto alla Statistica
La storia dello sviluppo del pensiero scientifico e del suo frequente
conflitto con le superstizioni e l'ignoranza suggrisce che la contrapposizione
e la pretesa di rispetto non funzionano. Criticare gli ignoranti non è utile
per combattere l'ignoranza. Certo, disturba e dispiace che tante persone ai
vertici delle istituzioni sociali mostrino sussiego, superficialità e
incomprensione verso la cultura e il valore della scienza; ma se queste voci
sono così ascoltate, il problema risiede più nell'ignoranza di chi ascolta che
non in quella di chi parla: finché vi sia un pubblico che presta attenzione,
non mancheranno cialtroni ed ignoranti disposti a dar voce a qualsiasi
sciocchezza. Nel caso particolare dei politici titolari di responsabilità
istituzionali, poi, è ingenuo (e scorretto sul piano logico) lamentarne le
miserie o i limiti, fintanto che essi sono (come nel nostro caso di fatto
sono!) espressione organica di un consenso diffuso, periodicamente rinnovato
nel mandato democratico. Posto che l'essere e l'operare da ignorante (o
peggio!) sia una manchevolezza per chi ricopre una carica, come potrebbe
quest'ignoranza essere considerata una sua colpa, quando la carica gli è
assegnata? In democrazia, a ben vedere, è il mandato che legittima il ruolo;
non i titoli, e alla fine dei conti neanche le capacità effettive
dell'incaricato.
Sarebbe perciò illogico, oltreché probabilmente inutile, contestare a questo o
quel rappresentante delle istituzioni una qualsiasi espressione di ignoranza.
Esattamente come è stupido -e politicamente icongruo in democrazia-
scandalizzarsi per l'incapacità o l'incompetenza (quando non per la
delinquenza) di un politico.
Con riferimento al dibattito sull'attegiamento delle nostre istituzioni di
Governo nei confronti della Statistica pubblica, non mi esprimo su cosa
potrebbero o dovrebbero fare i colleghi impegnati nell'Istat, o i suoi organi.
Ma per quanto riguarda il ruolo della SIS, che voglio sempre considerare
soprattutto come una società scientifica, troverei ingiustificato e
inopportuno un suo intervento in questo dibattito. Diverso sarebbe invece
riflettere ancor più intensamente, come già si è fatto in qualche occasione,
sulla promozione della cultura scientifica nella società, nelle scuole e nelle
istituzioni.
Un caro saluto a tanti colleghi che, mio malgrado, frequento meno spesso di
quanto vorrei.
Andrea Vannucci
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