[Forum SIS] Altre riflessioni dopo la lettura di "Unsubmitted: Thoughts on refereeing"

Sergio Brasini sergio.brasini a unibo.it
Sab 25 Lug 2009 13:39:42 CEST


Cari Colleghi,

vorrei prima di tutto ringraziare ancora una volta il Prof. Benito V. Frosini per avere allargato il panorama della nostra riflessione segnalandoci l'interessantissima lettura del saggio "Unsubmitted: Thoughts on refereeing" pubblicato su IMS Bulletin (Volume 38 Issue). Chi volesse esaminarlo integralmente può trovarlo al seguente indirizzo:  http://bulletin.imstat.org/pdf/38/6
Gli spunti e le suggestioni lasciati dalla lettura del messaggio del collega Frosini mi hanno immediatamente richiamato alla mente il dibattito nato nel corso dei mesi più recenti in Francia. Lì è in discussione la riforma promossa dal governo attuale dello status dei docenti e dei ricercatori. In parallelo il Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca ha deciso di assegnare all’AERES (Agence d'Evaluation de la Recherche et de l'Enseignement Supérieur) il "monopolio" della valutazione dei ricercatori. E le riviste dell'area delle Scienze umane e sociali si stanno interrogando su come andrà ridefinito il loro ruolo e la loro strategia editoriale alla luce di un sistema che fa delle riviste medesime lo strumento centrale di valutazione dei ricercatori. 
Vi propongo, in una personale e forse affrettata traduzione (che sicuramente mi vorrete perdonare), il testo dell'appello che la rivista Tracés ha lanciato nel febbraio 2009 per una posizione comune tra le riviste dell’area delle Scienze umane e sociali. La petizione - secondo la redazione di Tracés - affronta il tema degli orientamenti della valutazione delle riviste e degli indicatori numerici sui quali poggia, in un mondo nel quale l'intensità della riflessione non può essere misurata né tramite la quantità di ciò che si scrive né in base alla propensione “relazionale” della rivista che pubblica i lavori. Il testo originale in lingua francese è consultabile all'indirizzo: http://koubi.fr/spip.php?article230

Cordiali saluti

Sergio Brasini 


La défense des revues de sciences humaines et sociales

Un dibattito molto importante scuote, almeno dal 2008, la comunità di ricerca internazionale. Esso riguarda le riviste e le modalità di una loro classificazione, quantificazione e valutazione. La valutazione delle riviste non è nuova. Il principio è ormai patrimonio acquisito e comune per tutti i ricercatori, da tempo abituati alla logica di gerarchizzazione che sottende tutte le pratiche scientifiche. E' del tutto normale e scontato dare un valore alle riviste la cui qualità scientifica è riconosciuta dai professionisti della ricerca. Ma il significato stesso dei metodi di classificazione francese ed europeo (AERES e ERIH) è stato sconvolto dalla riforma dello status del docente-ricercatore promossa dal governo attuale, e dal ruolo che il Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca desidera assegnare all’AERES (Agence d'Evaluation de la Recherche et de l'Enseignement Supérieur).

Perché questi due temi vanno avanti di pari passo? Rendere precario lo status del docente-ricercatore e consegnare all’AERES il monopolio della valutazione dei ricercatori coincide molto semplicemente con l’obiettivo di fare delle riviste il supporto privilegiato di discriminazione e di competizione tra i ricercatori. Una volta passata la riforma, essi saranno infatti valutati esclusivamente in base al numero delle loro pubblicazioni e al punteggio assegnato, da parte dell’AERES, alla rivista in cui sono pubblicate. Detto in altre parole, se un ricercatore ha pubblicato un testo in un’eccellente rivista specializzata, ma male (o per nulla) classificata dall’AERES o dal suo progenitore ERIH (European Reference Index for the Humanities), non sarà considerato un "buon" ricercatore e vedrà il suo lavoro confinato ad incarichi didattici e amministrativi. Egli non avrà più dunque l’opportunità di svolgere attività di ricerca e di pubblicarne i risultati.

Questa doppia riforma è del tutto inadeguata rispetto al lavoro che facciamo. Infatti, anche se sono fondate sui principi della selezione e della critica costruttive, le riviste dell’area delle scienze umane e sociali non hanno assolutamente la vocazione a dare voti ai ricercatori! Esse producono e trasmettono conoscenza. Che siano specializzate, generaliste o interdisciplinari poco importa: il loro obiettivo è quello di informare la comunità scientifica, trasmettere nuovi programmi di ricerca, porre problemi, dare idee, stimolare le interpretazioni e non premiare o punire gli individui.

La logica contabile e competitiva dell’attuale riforma mina alle fondamenta particolarmente il ruolo dei comitati di redazione di queste riviste. I comitati lavorano in effetti collettivamente all’elaborazione di una linea editoriale, in base alla quale gli articoli vengono selezionati per la pubblicazione o meno. Metterli nelle condizioni di dover contribuire a distinguere tra "buoni" e "cattivi" ricercatori significa introdurre, nel loro lavoro, considerazioni diverse da quelle che sono poste a presidio della linea editoriale della rivista. Altrimenti i membri di un comitato di redazione saranno ridotti alla funzione di freddi amministratori, fedeli ai criteri di selezione dettati dalla moda del momento o da una concezione omogenea e stagnante delle definizioni della scientificità.

Una rivista non esiste senza il lavoro di un comitato editoriale, il cui parere o potere decisionale sono assolutamente cruciali, comitato con il quale si gioca la partita decisiva della valutazione degli articoli sottoposti alla rivista. Per il profilo intellettuale dei ricercatori ospitati da un comitato editoriale, così come per le scelte documentate di pubblicazione che avvengono, tale comitato è la pietra angolare di una rivista. La scelta e la definizione di questo comitato non è per nulla una procedura neutra e non vi è alcuna ragione per cui essa debba avvenire secondo una forma unica e superiore. Qui di nuovo è in gioco l'identità di una rivista. La corsa alla pubblicazione, il rischio della compilazione eteroclita, l'accumularsi di criteri di selezione poco adeguati alle specifiche situazioni è ciò che propone ora il Ministero della Ricerca alle riviste, alcune delle quali sono celebri in tutto il mondo per le loro qualità scientifiche e per l'originalità della loro linea editoriale.

Siamo d’accordo con questa terrificante omogeneizzazione del panorama ultimo delle riviste? Vogliamo che le riviste divengano "le camere del registro" delle ambizioni individuali dei ricercatori? No, perché questa logica competitiva e quantitativa corrisponde male ai tempi della ricerca nel settore delle scienze umane e sociali. Investigare sul campo, consultare gli archivi, formulare nuove ipotesi, suggerire interpretazioni, scrivere e pensare: tutto questo richiede tempo! Al contrario, essere condannati a pubblicare a qualsiasi costo, non importa dove, non importa quando, pur di evitare la retrocessione nella categoria dei "cattivi ricercatori" è semplicemente del tutto incompatibile con le esigenze di una ricerca onesta.

Infine, i mutamenti attuali dell'Università pongono molte incertezze circa il futuro finanziario e materiale della maggior parte delle riviste. Molte di esse in quanto legate a istituzioni, laboratori, centri di ricerca destinati a essere ristrutturati se l'ANR (Agence Nationale de la Recherche) deciderà in tal senso, rischiano per certo la loro sopravvivenza! In Francia, se un laboratorio muore, muore una rivista. Se muore il CNRS, decine di riviste moriranno. Questo non è affatto "un po'" della ricerca "che se ne va", ma una parte sostanziale dei supporti alla ricerca che scompare!

Nel contesto di una chiara estinzione degli abbonamenti da parte delle biblioteche e di un non meno evidente declino delle vendite nell’area delle scienze umane e sociali nelle librerie, le riviste sono chiamate a confrontarsi con il problema (che riguarda anche la stampa scritta) del modello, diventato economicamente più efficiente, di digitalizzazione. Nonostante l'esistenza di ottimi portali elettronici come Cairn, Revues.org o Perseo, la Francia, per colpa della mancanza di una presa di coscienza politica sul tema, accusa un ritardo considerevole rispetto ai paesi stranieri.

Ci viene detto che la rivista sarà lo strumento centrale di valutazione dei ricercatori, ma proprio da parte di chi non sa realmente che cos’è una rivista di scienze umane. Sono totalmente sconosciuti le modalità di funzionamento, gli usi, l'originalità editoriale, il sostegno e le modalità di finanziamento. Ma questo, in ultima analisi, ci sorprende ben poco, poiché è chiaro che l'attuale governo si è impegnato ad accelerare la riforma della ricerca, senza nemmeno il tempo di conoscere gli attori e i supporti coinvolti.

Noi, riviste delle scienze umane e sociali, lanciamo un appello per la soppressione della classificazione AERES, in seguito alla richiesta di una moratoria del 9 febbraio 2009 proposta dagli scienziati del CNRS. Rivolgiamo un appello per la discussione collettiva, da parte dei ricercatori, di nuovi criteri per la valutazione delle riviste, per la trasparenza e la salvaguardia del pluralismo (in modo che le specificità delle riviste scientifiche siano riconosciute come tali). Infine, esigiamo che le riviste non siano i nuovi vettori della valutazione dei ricercatori.




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